Il lavoro, ispirato a un racconto tratto dalla Cinque storie ferraresi di Bassani (1956), parla di un ebreo ferrarese, Geo Josz, reduce dal campo di concentramento di Buchenwald, che – tornato a casa alcuni mesi dopo la fine della guerra – trova in città una lapide che contiene il suo nome tra quelli degli ebrei ferraresi morti nei lager nazisti.
La sua drammatica, ma nel contempo grottesca, condizione di morto vivente, lo spinge a farsi testimone della tragedia immane dell’olocausto; ma anche a scontrarsi con la voglia di dimenticare dei suoi concittadini, che vivono la sua presenza con un oscuro e indeterminato disagio.
Il racconto di Bassani propone così una meditazione in cui il tema della sofferenza del sopravvissuto si annoda con quello della memoria, come dovere civile e prima ancora umano.
Un dovere la cui necessità è tanto più urgente di fronte a recenti e inquietanti episodi di cronaca italiana e internazionale, che indicano il ritorno di ideologie e furori (dall’antisemitismo alla prevaricazione totalitaria nazifascista) che sembravano definitivamente tramontati dall’orizzonte europeo.
Dal racconto di Giorgio Bassani
Adattamento teatrale e regia di Carlo Varotti
Regia tecnica e musiche: Alessandro Pirotti
Interpreti
Sabrina Bordin
Carlo Varotti
Voci fuori campo
Saverio Mazzoni
Roberto Scaglianti